I costi invisibili del digitale: memorie dal Nobilita Festival
[vc_row font_color=”#000000″][vc_column font_color=”#000000″][movedo_title heading_tag=”h2″ heading=”h1″ increase_heading=”140″ custom_font_family=”custom-font-1″]I costi invisibili del digitale: memorie dal Nobilita Festival[/movedo_title][vc_column_text text_style=”leader-text” css=”.vc_custom_1655364773168{background-color: #ffffff !important;}”]Il 24 Maggio Dieci Group ha partecipato ad un evento molto speciale per chi opera nel settore del lavoro. Un festival, inaugurato nel 2017, che già nel titolo contiene tutto ciò che di importante c’è da sapere sugli intenti che lo animano: Nobilita, un evento che vuole celebrare la nobilità del lavorare, del mettere a disposizione il proprio valore.
Tante sono le situazioni nelle quali il lavoro, ed il lavoratore, non vengono nobilitati, imponendo condizioni inaccettabili o smantellando le impalcature di diritti che dovrebbero sorreggere il mercato.
Questo Festival, organizzato dall’associazione “FiordiRisorse” in collaborazione con la testata giornalistica indipendente “SenzaFiltro”, ha come scopo quello di riunire in una sala ed in una giornata tutti gli addetti ai lavori di questo settore, per offrire spunti di riflessione e discutere insieme dei cambiamenti, come dei passi indietro, che sono avvenuti nell’arco di quell’anno.
Attraverso diversi panel e tantissimi ospiti speciali si offre all’uditorio un percorso che, lungo diverse assi, li possa guidare ad una valutazione a 360°. La sensazione, quando si rientra a casa dopo un evento del genere, è di avere la testa ricolma, di spunti, di interrogativi, di perplessità, che presto si trasformeranno, se ben impiegati, in stimolo ad individuare possibili piste risolutive e di cambiamento.
Dieci Group ha partecipato, come anche nelle scorse edizioni, perché appuntamenti di questo genere sono un balsamo ed un boost di energia allo stesso tempo e perché non bisogna mai farsi sfuggire le occasioni di partecipazione condivisa.
Tra i panel più interessati vale sicuramente la pena citare quello che ha visto la partecipazione di Mario Tozzi, Stefano Epifani, Sabrina Carreras, Alessandro Garofalo e Nicoletta Prandi, circa il tema dei costi invisibili del digitale.
Quali costi e perché invisibili? L’intento del panel è stato quello di creare consapevolezza su un tema ancora poco affrontato che tuttavia, alla luce dell’attuale attenzione alla sostenibilità che tutti cerchiamo di portare avanti, non può essere ignorato.
I costi ai quali hanno fatto riferimento i relatori sono innanzitutto costi ambientali, la digitalizzazione del mondo, a partire da quello del lavoro, è un sentiero intrapreso ormai da tempo. Come sempre, però, un ricorso eccessivo ad una singola prassi finisce per rivelare il suo volto più inquietante, ed in – sostenibile.
Come efficacemente esposto da Mario Tozzi, geologo e divulgatore scientifico che ha pubblicato anche un libro sul tema intitolato “Tecnobarocco: tecnologie inutili e altri disastri”, oggi ricorriamo all’uso delle tecnologie e del digitale anche per attività futili, che potremmo tranquillamente svolgere in prima persona. Se in passato l’innovazione tecnologica ha prodotto benessere perché andava a sostenere l’umano in attività che altrimenti richiedevano dispiegamenti di tempo e fatica irragionevoli, oggi viviamo in una Tecnocrazia nella quale anche le attività più semplici passano attraverso la tecnologia.
Tecnologia e digitale hanno un impatto ambientale, anche se invisibile perché non tangibile come potrebbe essere lo scarico di un auto: utilizzare elettrodomestici, device ed apparecchi, connettersi ad internet, mandare mail, archiviarle, fare ricerche su internet, guardare film sul nostro portatile, sono tutti esempi di attività, digitali e non, che producono emissioni di CO2.
Confesso che io stessa non ero consapevole dell’impatto ambientale del digitale e che ho accolto con una certa inquietudine ciò che hanno esposto di diversi relatori: anche io con i miei comportamenti digitali scorretti ho contribuito, nell’incoscienza più totale.
Molti sono i comportamenti che possono essere adottati per ridurre la propria produzione di anidride carbonica: ripulire le caselle di posta dalle mail; cercare di inoltrare un’unica mail completa invece di diverse; inoltrare solo ciò che è necessario; spegnere il pc etc.
In generale l’indicazione più sensata da offrire è quella ad un utilizzo funzionale ed ottimizzato delle tecnologie e del digitale: ricorrervi quando è strettamente necessario, quando possibile preferire il contatto diretto, tendere all’equilibrio tra uso delle tecnologie digitali e tradizionali.
Come sempre l’atteggiamento giusto in senso assoluto non esiste e non è praticabile, l’invito è sempre a tendere il più possibile ad un obiettivo di equilibrio e sostenibilità, evitando lo sfruttamento eccessivo di un unico canale.
Costo invisibile, infine, è anche quello legato allo sfruttamento dei lavoratori contemporanei, quelli appunto digitali.
In smart – working o in appalto in altri paesi del mondo, i dipendenti digitali spesso lavorano senza adeguata regolamentazione, fuori dal circuito della legalità.
Il loro sfruttamento è un costo invisibile dell’Algoritmocrazia, il nuovo mondo governato dagli algoritmi digitali ma nel quale sopravvivono dinamiche di ingiustizia ed iniquità proprie del mondo di qua, quello “reale”.
Veri e propri caporalati digitali: il meccanismo è lo stesso ma il luogo di lavoro è intangibile.
Per concludere, tutto il ragionamento percorso durante il panel ha avuto come obiettivo quello di invitare la platea ad una seria riflessione sul prezzo che pagheremo tutti, come lavoratori e come abitanti di un pianeta, se perpetueremo il dilagante e improduttivo ricorso alla digitalizzazione e tecnologizzazione dell’esistenza. Non è nel ritorno ad un passato arcaico che va individuata la soluzione ma in un abitare contemporaneo, consapevole ed in direzione di sostenibilità, ambientale e lavorativa.[/vc_column_text][movedo_empty_space height_multiplier=”2x”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][/vc_column][/vc_row]